Numero 11: Anna

Intervista a Anna Milanese, Coach e Psicologa. Ironia e sensibilità al potere. 

R: Ciao Anna! Se dovessi scegliere tre aggettivi per descriverti quali sceglieresti e perchè? 

Ironica, sensibile e attenta. Ironica perché amo ridere e sorridere delle cose che vivo, ho imparato sulla mia pelle che prendersi troppo sul serio rovina la bellezza delle cose. La vita è com’è, tanto vale saperne godere.  Sensibile perché ogni cosa, anche la più piccola, mi arriva fortissima.  Quando ero piccola ne soffrivo, avrei voluto trovare un modo per trovare e poi spe-gnere l’interruttore. Poi ho capito che era un fattore a mio vantaggio, se avessi im-parato come gestirlo. E in effetti lo è, scrivo molto e se ci riesco è perché sento tut-to. Anche ciò che apparentemente non conta e che invece fa tutta la differenza. Attenta perché osservo, molto. E noto, tutto. O almeno tutto ciò che mi interessa. Mi piace capire, prima di parlare.

R: Se gli altri dovessero descriverti con 3 aggettivi quali credi sceglierebbero e perché?

Dipende gli altri chi, ci sono persone che saprebbero dire di me più di quanto io potrei mai dire di me stessa, ma se dovessi pensare in generale direi: Comunicativa, sicura e simpatica. Perché? Perché è ciò che decido di mostrare. Ho imparato a parlare tardi, quando tutti già sapevano muoversi nel mondo. Ho balbettato fino ai 15 anni e avevo paura di tutto. Poi ho deciso che avrei voluto cambiare, migliorare e trasmettere alle persone che avevo intorno che era possibile farlo. Da qui anche la sicurezza, che non credo si possa avere mai in modo definitivo, ma che spesso le persone vedono in me. E poi la simpatia, quella capacità di alleggerire che credo mi appartenga e che scelgo di mostrare, perché prendermi troppo sul serio mi fa venire sonno. Ps. Le mie amiche mi hanno detto che sono bellissima, carismatica, intensa e meravigliosa. Ma credo non valga.

R: sappiamo che hai intrapreso un percorso di psicologia, come mai questa scelta? 

Sono sempre stata la bambina del “perché”. Tutte le cose che non capivo, attirava-no la mia attenzione. Soprattutto le persone, non riuscivo a capire la ragione di tanti comportamenti apparentemente assurdi. Non mi sentivo mai abbastanza per poter parlare, perciò ascoltavo e osservavo praticamente sempre e praticamente tutti. La curiosità di quei perché non mi ha mai abbandonata. Il “perché” inteso non solo come causa, ma soprattutto come fine. Cosa vuole raggiungere, dimostrare, questa persona, facendo così? La psicologia mi è sembrata una delle strade per poter far pace con queste domande. Solo alla fine ho scoperto che le risposte alle mie do-mande non le troverò mai. E forse è proprio questo il bello. Una frase che amo molto riassume questo mio modo di vivere: “Cercare, cercatore, il tuo destino è cercare.”

R: Ad oggi, a seguito della laurea, abbiamo visto che ti occupi anche di coaching, ti andrebbe di raccontarci un po’ questo mestiere?

Il tutto è nato perché mi sono resa conto che alle parole che mi dicevo raramente seguivano i fatti. Mi rendevo conto di parlare tanto, ascoltare molto, consigliare e ricevere consigli praticamente sempre, ma mancava del tutto il fare. Parole che finivano in un mare di nulla. Nel coaching ho trovato l’altra parte della medaglia. La consapevolezza senza azione è solo ruminazione mentale. L’ho capito quando attraverso vari corsi di formazione ho iniziato a mettere su carta cosa desideravo, trasformandolo in obiettivo. Un giorno un formatore che ho seguito mi disse: “Attenta a ciò che scrivi, che si realizza.” Ho pensato fosse pazzo e un po’ fanatico. Dopo due anni, invece, ho riaperto quell’agenda e ho scoperto che aveva ragione. Una parte di me ricordava bene ciò che avevo scritto, tutto il resto è venuto. Non magicamente, ma con il lavoro quoti-diano. Ho imparato, non ad amare, ma a comprendere, il senso profondo dello sforzo. Io ero una che non tollerava la fatica, la noia, le difficoltà. Poi ho scoperto che ogni grande sogno ha l’altra faccia della medaglia. E che per avere il sogno avrei dovuto imparare a vivere anche la fatica.

R: Entrare nel mondo del lavoro per uno psicologo risulta spesso molto complicato, cosa consigli a chi come te sta intraprendendo questo percorso?

Nulla è complicato per partito preso. Questa è una mentalità tipica di chi crede di aver già fatto “il suo”. Sento spesso dire a chi frequenta l’università che ormai ci si è laureati, si è faticato, adesso “deve” arrivare il lavoro. Come se il lavoro fosse necessariamente qualcosa che un altro deve darci. Non la penso affatto così. Ho studiato per passione, non per dovere. E ogni giorno ho cercato di chiedermi cosa avrei potuto fare per mettere a frutto la mia passione. Non mi sono mai aspettata che un altro dovesse farlo per me. Sono convinta che passione e impegno siano un mix infallibile per avere un buon futuro lavorativo. La difficoltà è tutta nel trovare la passione e nell’accettare di fare fatica.

R: Abbiamo visto come tu abbia un fortissimo seguito anche sui social, in particolare su Facebook. Ciò che più attrae il pubblico sono in particolare i tuoi video. Di cosa parli nei tuoi video? Come hai cominciato questo “percorso” sui social?

Un incastro strano tra caso e necessità. Una sera di qualche anno fa, mentre scrivevo il mio solito diario, ho pensato: “Perché non condividere. Magari qualcuno si sente come me.”  Sono arrivati tanti messaggi e commenti, poi le richieste di un video, di spiegazioni più “lunghe”. Ho provato una volta a fare una diretta, con la paura e l’ansia altissime, il giudizio è sempre stato il mio tallone d’Achille e mi sentivo come una che stava volontaria-mente andando alla gogna. Invece andò bene, sorprendentemente bene. A qualcuno piaceva ascoltarmi, è stata una scoperta a tutti gli effetti. Da quel giorno non ho più smesso. Il segreto sta in due cose, la prima è la voglia, profondissima, di dare qualcosa al mondo. La seconda è l’improvvisazione quasi totale. Faccio video solo quando mi va e ho davvero qualcosa da dire. Non mi do obblighi e neanche orari, per qualcuno è folle, per me è la chiave.

R: Ad oggi spesso i social vengono utilizzati in vario modo, tu li hai utilizzati soprattutto per scopi professionali, credi che ci sia un nuovo tipo di psicologia in arrivo, grazie anche all’avvento di Internet?

C’è già! Da tanti anni, aggiungerei. Ci sono tanti psicologi e psicoterapeuti che hanno “visto” e agito di conseguenza. Internet fa parte della nostra vita, ormai. Chi combatte questo aspetto sta combattendo una parte della realtà. E combattere la realtà non è mai una gran cosa, a mio avviso. Grazie al social sono arrivata a tantissime persone, sconosciute, che mi hanno ringraziato manco fossi la loro psicologa di fiducia. All’inizio mi è sembrato stranissimo, ma la verità è che alcune persone hanno bisogno di noi e se il social può per-mettere questa vicinanza, perché no? Internet è un prolungamento di chi siamo, per come la vedo io. Se vuoi fare del bene, puoi farne molto di più. Se vuoi fare del male, anche. Bisogna sapere dove mirare e farlo col cuore. Il resto sono solo strumenti da utilizzare.

R: Oltre alla psicologia, cosa ti piace fare nella vita Anna? Raccontaci un po’ di chi sei all’esterno della tua professione

Sono una persona che ama ridere. L’ho scoperto di recente. Per anni mi sono creduta profonda e pensavo che la profondità andasse a braccetto con le facce serie e tristi. Poi ho capito che solo chi ride sa andare veramente giù. Da allora ovunque vado e in ogni cosa che faccio cerco di portare con me questo, leggerezza e profondità. Ciò che “faccio” non ha mai fatto la differenza per me, ho sempre fatto più caso a chi ero e a con chi ero. Sono una persona vera, che ha bisogno di verità e di persone autentiche. Il fare cambia, evolve e si modifica negli anni, il bisogno di verità invece mi appar-tiene. Forse il lavoro più importante della mia vita è ritrovare quell’essenziale. Togliere tutto ciò che pesa e far sì che resti solo ciò che conta davvero.

R: Terminiamo quindi con la domanda di rito, di chiusura, tipica del nostro giornale: quale numero primo ti rappresenta e perché?

l’11. Mi fa venire in mente due cose.
Il numero 1 mi fa pensare ad un singolo. Un’identità. Una persona risolta, qualcuno capace di stare da solo e di stare bene.
E l’altro uno, mi fa pensare quant’è bello essere in due, come nel numero 11, quando si è due unità risolte.

R: Grazie, è stato un vero piacere averti con noi. 

6 commenti su “Numero 11: Anna”

  1. Straordinariamente Tu!
    Ciò che dicono le tue amiche di te è tutto vero e anche di più.
    Arrivi al cuore di chi ha la fortuna di incontrarti sul suo cammino.
    Vera, sincera, professionale e umile… ma potrei trovare aggettivi splendidi per te, in ordine alfabetico! ♡

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