Intervista a Maria Rosaria Magliulo, avvocato coraggioso.
R: Ciao Maria! Iniziamo conoscendoci un po’. Se dovessi scegliere 3 aggettivi per descriverti quali sceglieresti?
Empatica, testarda e permalosa.
R: Bene. Ci sembrano 3 aggettivi che promettono bene. Ti va di parlarci della tua attività? Di cosa ti occupi?
Sono un avvocato penalista e collaboro con il prof. Pansini, la professoressa Pansini ed il prof. Scalfati all’Università. Collaboro con le cattedre di diritto processuale penale. È una materia che ho sempre amato e sono molto felice di essere riuscita ad intraprendere questa strada, anche se è un ambiente non sempre amichevole. Adoro insegnare ai ragazzi la procedura penale e spero di trasmettergli un po’ della mia passione.
R: E quando hai iniziato questa attività?
I primi anni di università pensavo di voler fare il magistrato. Al terzo anno però quando ho scoperto la procedura penale è stato amore a prima vista. Ho cominciato a seguire qualsiasi avvocato in tribunale, cercavo di imparare quante più cose possibile. Poi dopo la laurea è venuto tutto naturale. Intanto ho scoperto che amavo talmente tanto il mio lavoro da voler far appassionare anche gli studenti: così è iniziato il percorso di docenza.
R: Quali credi che siano le caratteristiche e le abilità necessarie per intraprendere un percorso come il tuo?
Coraggio. Tanto coraggio. E poi Ci vuole tantissima passione. Napoli è pieno di avvocati e bisogna studiare tantissimo per distinguersi dalla massa. L’avvocato penalista, inoltre, non è sempre visto di buon occhio: quando sono a cena fuori con gli amici tutti mi domandano perché abbia dedicato la mia vita a difendere i criminali. È complesso spiegare che il mio lavoro non è quello di salvare i delinquenti.
R: All’inizio ti abbiamo chiesto come ti descriveresti usando 3 aggettivi. Ora ti chiediamo: come ti descriverebbero gli altri?
Ambiziosa, sensibile, lunatica.
R: Quali sono state le difficoltà che hai incontrato sul tuo percorso? Come le hai affrontate?
Sicuramente l’essere donna non mi ha aiutato: spesso mi dicevano che con il diritto civile avrei avuto una vita più semplice e che il diritto penale era “roba da uomini”. Personalmente ho solo ignorato tutti. Credo che la mia testardaggine mi abbia aiutato tantissimo in questo: non mi sono mai fatta abbattere da chi mi diceva che non ce l’avrei fatta, anzi, utilizzavo le critiche in modo costruttivo e come stimolo ad impegnarmi di più
R: Terminiamo quindi con la domanda di rito, di chiusura, tipica del nostro giornale: quale numero primo ti rappresenta e perché?
L’11. È il numero che spero rappresenti la mia vita privata: due numeri uno che si stanno accanto formando un unico numero, ma restando due identità diverse.
R: Grazie, è stato un piacere.