Numero 7: Myriam Mangiacapra

Intervista a Myriam Mangiacapra, psicoterapeuta sensibile

  R: Ciao Myriam! Se dovessi scegliere tre aggettivi per descriverti quali sceglieresti? 

Se dovessi scegliere tre aggettivi per definirmi sarebbero: profonda, coraggiosa e sensibile. Profonda poiché estremamente riflessiva, tendo a “guardare oltre”. Oltre un comportamento, oltre un paesaggio, oltre un silenzio. Nelle superfici annego. Amo le profondità e non ho paura di immergermi negli “abissi”, qualsiasi essi siano. Questo aspetto è collegato al secondo aggettivo che mi descrive: “coraggiosa”. È il mio coraggio che non mi fa rimanere ingabbiata in atteggiamenti passivi o inermi, mi riferisco anche alla “semplicità” con cui riesco a “cambiare strada” se qualcosa non rispecchia più ciò che mi fa stare bene. Il terzo aggettivo, nonché quello che sento maggiormente mio è “sensibile”. Ho da sempre sentito “tanto” forse “troppo”. E’ un po’ come vivere senza pelle, senza protezione alcuna. Riesco a cogliere anche “l’impercettibile”, il non visibile, il dettaglio, quello che poi fa la reale differenza. Questa caratteristica ad oggi rappresenta un elemento cardine del mio lavoro.   

  R: Se gli altri dovessero descriverti con 3 aggettivi quali credi sceglierebbero e perché?

Perfezionista, leale, tenace. Perfezionista: in quanto amo fare le cose “presto e bene”, mi pongo standard molto elevati. Questo aspetto rappresenta un’arma a doppio taglio perché consente di raggiungere importanti traguardi, ma…in una corsa del genere, ho compreso, nel tempo, che si perde il panorama che ti circonda e il senso profondo delle cose. Pertanto sto lavorando tantissimo su questa parte di me. Mi descrivono come leale, rispetto profondamente l’altro attraverso un atteggiamento trasparente e sincero, mantenendo le promesse e agendo con onestà. Tenace, nell’accezione di resistenza e testardaggine. Quando desidero realmente qualcosa combatto ma soprattutto “resisto”, anche se le forze non ci sono più, anche se tutto intorno a me mi spingerebbe ad abbandonare, persevero. 

  R: Ci parli un pò di ciò di cui ti occupi? 

Sono una psicologa e ho una formazione cognitivo-comportamentale ciò vuol dire che lavoro basandomi sulla connessione tra pensieri, emozioni e comportamenti, con un approccio di natura pratica che indirizza verso un cambiamento tangibile nella vita della persona. Lavoro per obiettivi, in quanto ritengo sia fondamentale capire in che direzione si stia andando, quali sono gli strumenti migliori da utilizzare e con quali aspettative da parte del paziente. Nella mia pratica clinica mi occupo di sostegno psicologico a bambini, adolescenti e adulti, collaboro con ASL e istituzioni scolastiche. Ho un mio studio privato e a seguito della pandemia svolgo anche supporto psicologico online. Inizialmente devo ammettere ero scettica sul lavoro in modalità a distanza ma poi mi sono dovuta ricredere. Le terapie online funzionano allo stesso modo degli incontri de visu e sotto alcuni aspetti permettono anche una maggiore “libertà”. Non dovendo infatti indossare la mascherina permettono di cogliere molte dinamiche del comportamento non verbale che in un lavoro clinico sono di fondamentale importanza.   

   R: Quando hai lanciato l’attività e perché?

Ho iniziato il mio lavoro clinico nel 2017 a seguito dell’abilitazione e dell’iscrizione all’Ordine degli Psicologi della Campania. Ho successivamente aperto il mio studio privato grazie anche al supporto di due miei colleghi, nonché grandi amici, con i quali collaboro e mi confronto quotidianamente. In generale ritengo che da soli non si vada lontano, quindi la colleganza è un valore che mi appartiene e al contempo mi sostiene. Ad oggi mi sto aprendo anche al mondo del web, ho costruito un mio sito internet e sto diventando più interattiva anche sui social network. Questo aspetto è il più nuovo e recente. Rappresenta un esperimento, in primis su me stessa e sulle mie modalità di comunicazione. 

  R: Quali credi che siano le caratteristiche e le abilità necessarie per intraprendere un percorso come il tuo?

In primis per intraprendere un percorso come il mio l’ingrediente principale è una forte passione che ti guida e ti motiva, poiché il percorso completo fino all’abilitazione come psicoterapeuta è di circa dieci anni tra laurea, esame di stato, tirocini, supervisioni, training e scuola di specializzazione. L’attività clinica come psicoterapeuta ritengo che sia una professione per “pochi eletti”. Mi spiego, ti mette completamente in gioco, come “persona”, non solo in termini di competenza o performance. Si lavora con le emozioni dell’altro attraverso le proprie emozioni, i propri vissuti, il proprio sé. Si diventa una cassa di risonanza. Il paziente e la sua storia risuonano in te e lo fanno ben oltre il tempo della terapia. Serve poi coraggio, per entrare in determinate stanze, a volte impolverate, a volte buie, a volte mostruose serve tanto coraggio. Ci vuole pazienza perché bisogna rispettare i tempi dell’altro, non giudizio ed empatia. Bisogna saper ascoltare, soprattutto ciò che non si dice. Ascoltare anche i silenzi, dargli voce.   

R: Cosa consiglieresti a chi come te vuole intraprendere questo tipo di percorso?

Consiglierei molta pratica. Al di là delle teorie, dei trattati e dello studio che saranno una costante di chi sceglie questo tipo di percorso, bisogna ricordare che si lavora con le persone, con i loro vissuti e con le loro ferite, quindi i libri arrivano a prepararti fino a un certo punto, oltre quel punto serve la pratica clinica e la supervisione da parte di terapeuti esperti. Consiglio quindi un’intensa e ricca formazione sul campo.   

R: Quali sono state le difficoltà che hai incontrato sul tuo percorso? 

La difficoltà principale è stata riuscire ad “incastrare” tutto. Il lavoro in più ambiti ed enti, lo studio, i week end di formazione che, da un lato ami profondamente perché ti consentono di crescere professionalmente ma dall’altro ti impongono una grande organizzazione e forza di volontà (in quanto le settimane diventano un no-stop). Quindi è il caso di essere organizzati in modo da non perdersi in un loop di impegni e obiettivi. 

  R: Se non avessi intrapreso questo percorso, cosa avresti fatto? E perché?

Forse sarei stata una giurista. Ero iscritta alla facoltà di giurisprudenza, facoltà in cui ho sostenuto dodici esami. Ad un certo punto mi resi conto che, nonostante non avessi difficoltà nel portare avanti la carriera universitaria, non era la mia “scintilla”. Ero spenta, a trainarmi era un innato senso del dovere. Poi ho dovuto fare i conti con ciò che desideravo “davvero”, con ciò che avevo messo a tacere, con ciò che avevo “seppellito”…ed era la psicologia. Freud disse “un uomo come me non può vivere senza una mania, una passione divorante o, per dirla con Schiller, senza un tiranno. Io ho trovato il mio tiranno e, per servirlo, non conosco limiti. È la psicologia”. A me è successo esattamente questo. Ho riconosciuto il mio tiranno, la mia passione ardente, ed adesso mi dedico completamente a lei.   

R: Terminiamo quindi con la domanda di rito, di chiusura, tipica del nostro giornale: quale numero primo ti rappresenta e perché?

Il mio numero primo è il 7. Nella tradizione Buddhista è il numero della completezza. È un numero spirituale. Mi trasmette un senso di pienezza, mi rispecchia e ritorna spesso nella mia vita. 

  R: Grazie, è stato un vero piacere averti con noi. 

2 commenti su “Numero 7: Myriam Mangiacapra”

  1. Il connubio tra professionalità e passione sono l’espressione dei sacrifici di tanto studio, tanto impegno e sopratutto tanta tenacia.
    Direi che in questo caso sussiste la completezza!!
    Complimenti!!!

  2. Il connubio tra professionalità e passione sono l’espressione dei sacrifici di tanto studio, tanto impegno e sopratutto tanta tenacia.
    Direi che in questo caso sussiste la completezza!!
    Complimenti!!!

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