Numero 2: Elisabetta Busco

Intervista a Elisabetta Busco, pedagogista clinica

R: Ciao Elisabetta! Se dovessi scegliere 3 aggettivi per descriverti quali sceglieresti? E Perché? 

Sono una persona determinata, sincera e dolce. La determinazione è la mia arma vincente, è ciò che mi ha permesso di raggiungere moltissimi obiettivi fino ad oggi. Nel momento in cui desidero raggiungere un obiettivo, accompagnato sempre da una forte motivazione, il come non è mai difficile da trovare. Sincera, nel mio lavoro questa caratteristica diventa fondamentale, dire le bugie o non far capire a chi si ha di fronte la realtà dei fatti non aiuta mai la persona. Nel relazionarmi con la persona che ho di fronte il mio lato più dolce mi aiuta moltissimo, è il mio trampolino di lancio nella relazione con l’altro.

 

R: Che aggettivi userebbero gli altri invece per descriverti? E perché? 

Dipende dalle persone a cui lo chiedi. Ci sono persone che mi conoscono talmente bene che spaventano anche me. Tempo fa chiesi alle persone più vicine a me di descrivermi, non per aumentare la mia autostima ma per capire quanto passa di me agli altri. Mi hanno stupito, avevano capito quasi tutto di me o meglio anche qualcosa in più di quello che effettivamente credo di me. Coraggiosa, intraprendente e comprensiva. Questi tre aggettivi credo che raccontino molto della mia vita, ognuno di loro rappresenta un passaggio importante della mia vita fino ad oggi, sono molto giovane ancora ma in parte ho dimostrato di essere una piccola ma grande Donna. Ho sempre avuto paura del giudizio degli altri fino a quando non ho deciso che la mia vita dovesse avere un cambiamento drastico, in cui ho deciso di dimostrare a me stessa in primis, chi ero e cosa volevo veramente, e questo credo sia il motivo della descrizione delle persone che ho accanto. 

 

R: Ci parli un pò di ciò di cui ti occupi? 

Sono una Pedagogista clinica, una professione ancora non molto conosciuta. Mi occupo dello sviluppo del potenziale umano e apprenditivo del bambino come dell’adulto, questo cosa significa? Permetto alla persona che ho di fronte, che può essere un bambino, un adolescente, un adulto o un anziano, di poter esprimere il suo massimo potenziale. Attualmente mi occupo di bambini e di ragazzi che presentano disturbi dell’apprendimento e di coordinamento di strutture per l’infanzia. 

 

R: Quando hai deciso di lanciare la tua attività? E perché? 

Concretamente è nato dopo aver incontrato alcune persone che facevano, già da molto tempo, questo lavoro. La loro passione, la loro motivazione, ciò che facevano realmente mi hanno fatto dire “perchè non posso farlo anche io? E’ ciò che amo fare e mi permette di aiutare gli altri”, e da lì mi sono completamente buttata in questo mondo fantastico. E giorno dopo giorno le persone che si sono affidate, mi ringraziano e questo mi permette di non smettere mai di continuare a formarmi per fare al meglio il mio lavoro.

 

R: Quali credi che siano le caratteristiche e le abilità necessarie per intraprendere un percorso come il tuo? 

Credo che la determinazione, alleata alla forte motivazione e la costanza siano punti cardini di questo lavoro. Le prime sono state ampiamente descritte sopra, della costanza ancora non ne ho parlato, ma rappresenta un elemento fondante. Essere costanti in questo lavoro, ma come in moltissimi altri, permette di essere sempre in formazione, di avere sempre in mente cosa fare e perchè lo stiamo facendo, essere sempre pronti per gli altri, che rappresentano il nostro motore. 

 

R: Cosa consiglieresti a chi come te vuole intraprendere questo tipo di percorso? 

Quando si intraprende questo lavoro all’inizio è difficile, i risultati non si vedono subito e ci si può scoraggiare, ma si deve essere pazienti e credere nelle proprie possibilità e in ciò che si sta facendo, poi pian piano i risultati vengono da sè, e arriveranno fidatevi. Quando si uniscono cuore, motivazione e voglia di fare sei già sulla giusta strada. 

 

R:Quali sono state le difficoltà che hai incontrato sul tuo percorso? Come le hai affrontate? 

All’inizio è difficile affermarsi in questo lavoro, e questo mi ha destabilizzato, ma non ho mai smesso di credere nelle mie possibilità e in quello che posso fare, questo mi ha permesso di non mollare ma di continuare in questo bellissimo percorso. 

 

R: Se non avessi intrapreso questo percorso, cosa avresti fatto? E perché? 

Mi sarebbe piaciuto moltissimo essere un’ostetrica, aiutare le mamme a far nascere una nuova vita era ciò che credevo fosse la cosa più bella del mondo, e lo è senz’altro, ma poi mi sono innamorata della pedagogia e ho accantonato questo mio sogno.

R: Terminiamo quindi con la domanda di rito, di chiusura, tipica del nostro giornale: quale numero primo ti rappresenta e perché?

Il 2, in quanto alla base del lavoro pedagogico c’è la Relazione, questa implica sempre la presenza di almeno due soggetti. La responsabilità che il pedagogista esercita sull’altro gli permette di prendersi cura dell’altro, non si sostituisce ma rispetta i suoi tempi, lo accoglie, riconosce la sua unicità e irripetibilità.

 

 

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