Numero 11: Erika Ravasenga

Intervista a Erika Ravasenga, biologa nutrizionista instancabile

 

R: Se dovessi scegliere 3 aggettivi per descriverti quali sceglieresti? E Perché? 

Tre soli aggettivi in stile etichetta mi stanno un po’ stretti: non per presunzione, ma non mi sento di corrispondere al 100% a una definizione data da solo tre aggettivi. Ci provo. Permalosa. Ebbene sì, lo metto come primo perché sono diversi anni che ci lavoro su. Benché sia sempre accompagnato da un’accezione negativa, onestamente per tante volte in cui ci sono rimasta male, ce ne sono state altre in cui alla fine questo aggettivo mi ha regalato innumerevoli momenti di risate. E forse questo dipende molto dal fatto che sono circondata da persone meravigliose. Avere una persona permalosa che sa stare al gioco è divertente, provare per credere. Sincera. Anche qui, pregio? Difetto? Tanto per usare l’avverbio correlato, sinceramente credo che questo aggettivo abbia una doppia valenza: questo perché puoi essere onesto con te stesso dandoti indirettamente la possibilità di accettare i tuoi limiti, ma puoi esserlo anche con gli altri. Ho sempre detestato le bugie, da sentire e da raccontare, anche quelle bianche. Meglio la verità nuda e cruda che sia, ma che si possa affrontare per quello che è a muso duro. Realista. Questa è la via di mezzo che più mi piace, perché non sono né una persona che vede tutto rose e fiori, ma neanche quella che dipinge tutto di nero. Essere realista mi permette di cogliere le diverse sfumature di grigio, di poter rispondere alla mia necessità di avere tutto sotto controllo in modo preciso e di essere polemica quanto basta (vedete che non riesco ad essere attinente alla singola definizione?). 

 

R: Che aggettivi userebbero gli altri invece per descriverti? E perché? 

Questa anche è bella. Dunque, sicuramente stacanovista, che nel mio caso acquisisce la sfumatura dell’instancabile quasi con tono di rimprovero, specialmente da parte della mia famiglia. Ammetto che, se c’è da scegliere tra il fare e non fare, vado sulla prima sicuramente. Il rilassarmi per me è sinonimo di essere comunque all’opera ma con altri tempi. Non a caso il mio relatore, durante la discussione della tesi di Laurea Magistrale, mi ha descritta davanti a tutta la commissione come un “caterpillar”, e non sto scherzando, credo che renda bene l’idea e difficilmente lo scorderò. Testarda. Qui anche si sfocia facilmente in altro o comunque nella declinazione negativa. Diciamo pure che se da un lato chi mi conosce imputa alla testardaggine il raggiungimento dei miei obiettivi; dall’altro capisco che non sia esattamente il massimo avere una discussione con me. Alla fine però bofonchierò un po’ in stile permaloso ma mai aggressivo e saremo amici come prima. Gentile. Ecco, visto che sono sincera questo non potevo non metterlo. Molto spesso mi viene fatto un plauso – anche se subito non so mai come rispondere – per il fatto che comunque tramite il mio fare accorto e dolce riesco ad entrare nella vita delle persone in punta di piedi per poi restare ed esserci nel momento del bisogno. Non sono la salvatrice di nessuno, ma sicuramente la disponibilità ad ascoltare senza preconcetti non è mai stato un aspetto marginale né del mio carattere e né nel mio lavoro. 

 

R: Ci parli un pò di ciò di cui ti occupi? 

Sono una biologa nutrizionista e rientro in una delle tre figure legalmente abilitate in Italia ad esercitare in ambito nutrizionale. Ci tengo molto a sottolinearlo in quanto troppo spesso le persone si trovano a dover destreggiarsi tra fenomeni di dubbia serietà quando invece rivolgersi a professionisti che hanno studiato e soprattutto hanno una reale vocazione verso tutto quello che viene veicolato grazie all’alimentazione è il primo passo per cambiare radicalmente la propria vita. Mi piace definire i miei pazienti come un piccolo nucleo e non come semplici cartelle sul mio PC. Ho la fortuna di seguire davvero diverse realtà: dalle famiglie, ai giovani ragazzi e ragazze, fino a persone avanti con gli anni. Realtà che mi permettono di elaborare piani nutrizionali con le esigenze più disparate potendo contare sull’educazione alimentare veicolata dal gioco e parallelamente da esami clinici di altissimo livello come quello bioimpedenziometrico per valutare la composizione corporea. Il mio desiderio sarebbe proprio quello di riuscire ad instaurare un meccanismo naturale per cui il nutrizionista è davvero “uno di famiglia”: una persona alla quale affidarsi per cercare un supporto continuo ove necessario e portare la propria dimensione alimentare ad essere libera da giudizi, sacrifici e malessere, diventando invece parte integrante quotidianità, senza che ciò possa destare alcuna preoccupazione. 

 

R: Quando hai deciso di lanciare la tua attività? E perché? 

La mia attività è giovanissima. Ho aperto la famosa partita IVA nel 2020 e quindi si può dire che abbia da poco festeggiato il mio primo anno come libera professionista. Non ho voluto indugiare ecco, anche se mi sento ancora alle prime armi, ma ho sempre fatto tutto nei tempi previsti a partire dagli anni universitari. Pertanto ho pensato che questo fosse un passo necessario quasi inevitabile, in senso bello ovviamente. Era arrivato il momento di buttarsi, di essere “padroni di se stessi”. Questo grande passo è sicuramente stato il culmine del mio lungo percorso di formazione e tornassi indietro continuerei a non indugiare oltre. 

 

R:Quali credi che siano le caratteristiche e le abilità necessarie per intraprendere un percorso come il tuo? 

Credo che, come in tutte quelle professioni dove in realtà non ti sentiresti mai di associare strettamente la parola lavoro, la qualità fondamentale sia la propensione all’ascolto quel tanto da instaurare il giusto livello di empatia, di coinvolgimento. La capacità di fare propri i problemi degli altri, senza però non perderci il sonno, ma cercando comunque di immedesimarsi con quel “pizzico” di senso pratico, risolutivo, per mettere in campo tutti gli strumenti che il paziente ancora non riesce a vedere ma che sono lì, pronti per ricostruire la sua coscienza alimentare. Parallelamente la consapevolezza di non sentirsi mai arrivati, di non sedersi di fronte ai proprio risultati, perché sembrerà banale ma si può sempre fare di più. 

 

R: Cosa consiglieresti a chi come te vuole intraprendere questo tipo di percorso? 

Di armarsi di tanta pazienza e di non farsi affossare da chi gli dirà che: “..Ma sì! Ormai sono in troppi come te!”. Ecco. Bisogna andare oltre a tutto questo per il semplice fatto che ognuno di noi ha il suo nutrizionista, la persona che arriverà a seguito di una scelta che non può più essere rimandata, grazie alla quale ti sentirai davvero compreso. Capite che più siamo e più sfaccettature riusciamo a cogliere? Non si tratta di “rubarsi i clienti”: primo perché non è quello il termine giusto e secondo perché significherebbe banalizzare un mondo dove c’è ancora moltissimo lavoro da fare. Volendo tornare all’atto pratico, sicuramente bisogna mettere in conto dei costi iniziali comunque importanti: sarei un’ipocrita a dire il contrario. Per una che buona parte di tutto l’ha pagato di tasca propria a suon di lavori estivi, fidatevi, è così, quindi consiglio di fare un bel programmino delle spese, senza contare tutto il trigo burocratico, ma si sopravvive, perciò non fatevi abbattere. In più c’è la continua necessità di rimanere aggiornati: io stessa ho previsto almeno una giornata di formazione alla settimana, perché la Scienza della Nutrizione è a tutti gli effetti una “novellina” e ogni giorno ci sono novità scientifiche talmente importanti che per dovere dei pazienti stessi -considerando che sì, non si tratterà di vita o di morte ma spesso di processi risolutivi importanti -bisogna assolutamente tenerne conto. Ah! In ultimo ma non meno importante la capacità di (anche se siete permalosi con me) non nutrire, perdonate il gioco di parole, la maleducazione delle persone. Non sempre incontrerete pazienti gentili, che non si mettono su un piedistallo: nel dubbio rimanete voi stessi e non fatevi trascinare.

 

R: Quali sono state le difficoltà che hai incontrato sul tuo percorso? Come le hai affrontate? 

Le difficoltà più grandi si snodano sicuramente su diversi fronti: dalla giovane età che difficilmente viene vista come un punto di forza, alla fatica di dover ogni giorno confrontarsi con una marea di falsi miti da sfatare, di luoghi comuni che sembrano duri a morire anche di fronte a evidenze scientifiche certe e soprattutto di persone incoscienti che operano in ambito nutrizionale senza sapere minimamente quello che stanno facendo. Sapevo però che sarebbe stato così: diciamo che si tratta di difficoltà funzionali che vanno in qualche modo sfruttate a proprio vantaggio. Non che ci riesca sempre, ma ormai cerco di vederla sotto un altro punto di vista. 

 

R: Se non avessi intrapreso questo percorso, cosa avresti fatto? E perché? 

Precisamente non saprei dirlo. Sicuramente sarei rimasta nell’ambito del sociale, se così posso chiamarlo, insomma sempre qualcosa che abbia a che fare con le persone. Ultimamente ho avuto la fortuna di avere una piccola cattedra come professoressa di Scienze di un Istituto di Scuola Secondaria di II° grado, e devo ammettere che anche se è decisamente impegnativo non mi dispiace confrontarmi con ragazzi e ragazze di una decina di anni di più piccoli di me e tanto meno con colleghi dall’ampia esperienza. La scuola è sicuramente un ambiente stimolante che mi sta aiutando a migliorare sotto tanti punti di vista, accrescendo la mia creatività e la capacità di sapersi mettere in gioco in pubblico: credo che queste siano tutte qualità che possono sempre tornare utili. 

 

R: Terminiamo quindi con la domanda di rito, di chiusura, tipica del nostro giornale: quale numero primo ti rappresenta e perché?

L’11.Sono sincera, non mi ero mai posta il problema diciamo prima di ora. In ogni caso la spiegazione credo sia sommariamente riconducibile alla dimensione del tempo. 11 è esattamente un numero in più di quello che mi rappresenta per data di nascita ovvero il 10 (oltretutto sono nata il 10/10 più perfetta di così). Poi è sicuramente associato ad una data di nascita qui però della mia sorellina Elisa a cui sono immensamente legata e poi proprio l’11 ottobre del 2018 mi è stata diagnosticata una patologia cronica con la quale imparo a convivere di giorno in giorno, anche qui ho cercato di tradurla come una sorta di sfida personale. Ho avuto il mio momento nero, non lo nascondo, ma adesso va alla grande! 

 

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